Gli Otto Santi

Nel silenzio della notte, quando la città sembra trattenere il respiro, le strade del centro storico di Ruvo di Puglia si trasformano in un teatro sacro. È il Giovedì Santo e dalla piccola chiesa di San Rocco si muove lenta la processione della Deposizione, meglio conosciuta come “degli Otto Santi”. Un rito antico, custodito e tramandato con devozione dalla Confraternita Opera Pia San Rocco, che ogni anno rinnova la tradizione con la stessa solennità e intensità.


Il cuore pulsante di questa processione è il gruppo statuario, un capolavoro in cartapesta nato dalle mani sapienti di Raffaele Caretta (1871-1950). Con carta e stracci, il maestro salentino seppe dare forma alla spiritualità, trasformando materiali semplici in volti intensi, gesti struggenti, storie di fede e di dolore.

La commissione dell’opera rientra nell’alveo del complesso dei riti della Settimana Santa rubastina. Tutte le altre confraternite cittadine, infatti, svolgevano già da tempi più o meno lunghi, processioni penitenziali e, insieme alle altre chiese, partecipavano al rito collettivo della visita delle Addolorate ai Sepolcri nel mattino del Venerdì Santo.

L’occasione per la Confraternita di San Rocco si manifestò nel 1919. Nella tornata della congrega del 16 marzo di quell’anno il Priore Giovanni Testini riferì che “visto e considerato che noi siamo retrogradi alle altre corporazioni, rispetto alle sacre processioni della Settimana Santa, le quali portano anch’esse un utile alle congreghe, sento in dovere riferirvi che vedo la pura e santa necessità di avere anche noi una nuova statua, per festeggiare in uno dei giorni della settimana Santa. La suddetta nuova statua rappresenterà la deposizione dalla Croce, ossia Cristo portato al Sepolcro”.

Da queste necessità tutte terrene nacque, quindi, l’idea della realizzazione del gruppo statuario per “completare” i riti della Settimana Santa ruvese. Una nuova opera che aveva l’esplicito intento di “fare impressione alla cittadinanza”.

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archivio storico
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La realizzazione fu sostenuta dalla nobildonna Rosa Antonia Ruta (23 dicembre 1836 – 23 agosto 1926), figlia di ricchi possidenti e parente di don Angeli Anelli, allora rettore della chiesa di San Rocco.

La scultura è ispirata al dipinto di Antonio Ciseri “Trasporto di Cristo al Sepolcro” realizzato tra il 1864 e il 1870 per il Santuario della Madonna del Sasso di Orselina (Locarno, Svizzera). Il dipinto, intenso e commovente nella sua semplicità, “non può guardarsi senza che si resti colpiti dalla potenza dell’arte, anche dove si fosse poco amante di pittura”. La forza immaginifica di questa immagine ben presto sarà diffusa, dallo stesso autore, in numerose riproduzioni su tela (integrali o dei singoli volti) e successivamente apparirà in case dal nord al sud d’Italia in stampe, litografie e santini.

La fortuna popolare della composizione le darà un ruolo di spicco anche nella realizzazione di tableau vivant (Passione di Nancy, Quadri plastici di Avigliano) e di numerosi gruppi statuari al servizio dei riti della Settimana Santa tra Italia e Spagna (in Italia Valenzano, Carbonara, Ceglie, Barcellona Pozzo Di Gotto (Me), in Spagna Zamora, Malaga).

Attraverso i decenni, la processione e il gruppo statuario subirono modifiche e trasformazioni, ma il loro spirito restò intatto. Il ritrovamento di piedi e mani in cartapesta testimonia la primordiale realizzazione del gruppo in una versione semplificata, composta da statue vestite, in attesa della completa realizzazione in cartapesta. Già nel febbraio 1920 la Congrega decise, infatti, di apportare un’innovazione al gruppo “per completare il mistero della statua ‘la deposizione dalla croce’ e per attirare maggior impressione al pubblico”. Fu aumentato il numero dei personaggi raffigurati per giungere all’attuale numero di otto in accordo con il Caretta.

La base della statua fu realizzata al tornio dal confratello maestro d’ascia Vincenzo Stragapede ed è costituita da una teoria di colonnine e archetti che contribuiscono a rendere scenografico e insolitamente alleggerito il trasporto del gruppo ad opera di quaranta uomini in camice candido.

Foto d’epoca ci raccontano la devozione popolare per il gruppo espressa nei donativi più disparati: da una parrucca di lunghi e fluenti capelli veri per la Maddalena, al grande lenzuolo in candido lino che ricopriva la sindone in cartapesta col corpo esanime di Cristo. L’archivio confraternale, poi, riporta sin dal 1921 notizie di oro donato da diversi devoti per la statua della Deposizione dalla Croce: sintomo di una fervente e crescente devozione per l’immagine che in quegli anni, in cui era ancora vivo il ricordo della Grande Guerra, rappresentava nell’immaginario collettivo tutti i “poveri Cristi” morti nel conflitto per far grande l’Italia.

Nel 1950 il gruppo fu nuovamente ritoccato, stavolta con modifiche nella colorazione e in alcuni dettagli, mentre con i successivi restauri del 2001 furono eliminate le integrazioni posticce. Il gruppo statuario tornò nei colori originali voluti dal Caretta la cui firma, a confermare la bontà dei lavori, riapparve sulla collinetta ai piedi della Maddalena.

Le notti del Giovedì Santo erano, e sono tuttora, un tempo sospeso, un momento di contemplazione e riflessione molto sentito dai devoti e dai ruvesi tutti. Nel 1934 e nel 1935, su indicazione del Vescovo e del padre spirituale, si tentò di proporre la processione nella sera del Mercoledì Santo ma “dalla maggior parte della confraternita non era stata accettata di buon grado tale trasformazione”. Nel 1936 venne ristabilita definitivamente l’uscita notturna con l’impegno solenne, per i confratelli, di tenere viva e salda la pace e la concordia. Questa promessa, allargata oggi all’intera comunità, sembra il messaggio che ogni anno gli Otto Santi portano con sé nella lunga notte ruvese “che realmente non fintamente ritorni la pace, la concordia, senza più partiti, fazioni, odiosità e rancori, amarsi come veri fratelli, vivere in un solo cuore, in una sola anima”.

Francesco Lauciello

Fonti: Archivio Confraternita Opera Pia San Rocco. A. Brambilla, ‘Il trasporto di Cristo al sepolcro’, Locarno 2009. M. Pellicani,’ La base degli Otto Santi’, 2020.

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